Le attività psicologiche, in quanto prestazioni sanitarie, sono proseguite in presenza anche con le restrizioni dovute all’emergenza pandemica in corso (naturalmente nel pieno rispetto delle misure di sicurezza igienico-sanitaria per la prevenzione del contagio).
Ciascuno di noi ha combinato l’attività in studio con il lavoro da remoto, portando avanti oppure cominciando nuovi percorsi psicologici. Quando possibile e compatibile con le preferenze della persona, cerchiamo di incentivare i colloqui in studio per diverse ragioni…
- La condivisione dello stesso spazio fisico crea una vicinanza ineguagliabile con il canale virtuale, nutrendo un’esperienza ‘incarnata’ (embodied) che ha un alto valore relazionale.
- La visibilità di uno schermo è assai limitata (e limitante) tagliando fuori dal campo di osservazione comune una serie di aspetti – come movimenti posturali, tremori o tic – spesso rivelatori del personale rapporto con la propria fisicità e con le modalità abituali di esprimere o inibire le emozioni che ci attraversano.
- Quando si lavora in presenza si ha come l’impressione che la seduta ‘duri di più’, avendo inizio già quando ci si prepara per raggiungere lo studio e proseguendo ben oltre il termine della seduta, ritrovandosi ancora immersi tra le parole pronunciate e quelle taciute lungo il tragitto per ritornare a casa. Fare un clic e attivare una webcam è decisamente più facile ma impoverisce non poco l’esperienza terapeutica.
Se prevale solo l’interesse per la comodità forse può essere interessante chiedersi che valore si stia dando alla propria salute mentale.
Attenzione !!! Non si vuole sostenere che la terapia online non risulti efficace!!!
La ricerca evidenzia chiaramente che si possono conseguire ottimi risultati anche con la terapia virtuale! Al contempo, però, è difficile ignorare quello che questa pandemia ha reso evidente: tra un caffè al bar e un aperi-zooom la differenza è abissale. Un concerto in streaming non riesce a suscitare le stesse sensazioni di una serata passata sotto il palco a cantare. La differenza tra un incontro partecipato, fisico, reale e la visione di uno schermo è oramai evidente, dopo più di un anno di pandemia. Gli studenti per primi hanno smascherato le limitazioni di un contesto puramente virtuale (proprio quella Generazione Z che è sempre stata raccontata ‘con-la-faccia-incollata-allo-schermo’!).
Certo, qualsiasi pasto è buono a saziare la fame ma di sicuro non tutti i cibi hanno lo stesso sapore.